
Dal 17 al 31 gennaio 1943 la Tridentina, la Cuneense e la Julia affrontano centinaia e centinaia di chilometri nella neve per sottrarsi all’Armata Rossa, che ha appena sopraffatto le truppe tedesche a Stalingrado. A guidare la marcia sulla neve degli alpini, ai quali si è accodata la Vicenza, è soprattutto il desiderio di ritornare «a baita» piú che l’amor di patria. Li guida la fedeltà ai monti e alle valli da cui provengono. Si cammina, si combatte e si muore a -40°, a -45°, in certe notti a -48°. È la semisconosciuta anabasi italiana, la piú straordinaria avanzata all’indietro della storia militare, secondo gli storici americani e britannici. Buttate nella peggiore fornace della Seconda guerra mondiale dall’aberrante decisione di Mussolini d’inviare un corpo di spedizione in Unione Sovietica, le penne nere scrivono una pagina di epico e silenzioso valore. Alla fine saranno piú di centomila coloro che non faranno ritorno, oltre tremila coloro che ne porteranno un ricordo indelebile nelle carni, e anche chi la scamperà ne avrà comunque l’esistenza segnata. ( Fonte ibs.it )

Il maresciallo barone Federico Vincenzo Ferreri Bianchi (1768-1855), alto ufficiale dell’Esercito imperiale austriaco, nel 1821 acquistò nella zona di Mogliano Veneto un «palazzo con due adiacenze, giardino, oratorio, statue, bosco e prati nella quantità di 18 campi». Era il primo atto di un’importante operazione finanziaria che lo avrebbe portato ad acquisire tra il 1821 e il 1839 ben duemila ettari di terreno tra le province di Treviso e Venezia. Su queste terre, il barone incentivò il rinnovamento dell’agricoltura, introducendo tra l’altro la coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta e la risicoltura. D’altra parte, la presenza della proprietà Bianchi condizionò pesantemente per oltre un secolo la vita di tante famiglie di coloni, che più volte fecero sentire le loro proteste. Questo volume racconta le vicende di proprietari e lavoratori della tenuta, inserendole nel contesto più ampio della storia agraria, politica e amministrativa nel periodo che va dalla dominazione austriaca al fascismo. ( Fonte edizioni.cierrenet.it

Tra i libri autobiografici dedicati alla partecipazione italiana al Primo conflitto mondiale quello dell’alpino Edgardo Rossaro si distingue non solo per la profonda umanità, ma anche per l’efficace scrittura che ci fa rivivere uomini e luoghi di un tragico periodo della nostra storia. Vercellese di nascita, Rossaro (1882-1972) viene scartato alla leva per insufficienza toracica, ma a trentatré anni si arruola fra i Volontari Cadorini. Il suo è un racconto alpino in senso militare e in senso paesaggistico. Il Peralba, le Tre Cime di Lavaredo, il Monte Cavallino e il Monte Piana, Cima Undici e la Croda Rossa sono parte integrante di queste pagine, che vedono protagonisti soldati di un esercito destinato in gran parte a sacrificarsi per la nazione. Soldato e pittore, queste sue memorie sono rese ancora più efficaci dall’inserimento di disegni che fece all’epoca e dalla riproduzione di alcuni suoi quadri. ( Fonte ibs.it )

Gli alpini sono un pezzo importante della nostra storia: il Monte Nero, l’Ortigara, la campagna di Russia costituiscono un patrimonio comune della nazione. Ma qual è il segreto che spiega la compattezza delle Penne Nere? La risposta è in questo libro di Gianni Oliva: una storia degli alpini densa e originale, che parla delle guerre alle quali essi hanno partecipato, ma che si sofferma soprattutto sui periodi di pace, fondamentali per comprendere gli atteggiamenti e il carattere di questo corpo militare. In tale chiave interpretativa l’autore ripercorre le vicende degli alpini dal 1872 a oggi: dalla formazione dei primi reggimenti alla partecipazione ai due conflitti mondiali, dall’impegno nella Resistenza partigiana alla ricostruzione nel secondo dopoguerra fino alle missioni di pace nei Balcani. Di facile lettura, arricchito da osservazioni sulle canzoni, sulle usanze e i riti alpini, questo volume si presenta non solo come una documentatissima ricerca di storia e di sociologia, ma anche come contributo partecipe e appassionato alla valorizzazione di un frammento glorioso di storia italiana. ( Fonte giannioliva.it )
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